“See me, feel me, touch me, heal me” canta Jim Morrison. La mediazione artistica, parafrasando Jim Morrison, vuole toccare, sentire e guarire.
In questo articolo parliamo di mediazione artistica, una pratica ancora inesplorata e giovane, non ancora “canonizzata”, e come spesso accade è il settore del no-profit che sperimenta e si fa portavoce di innovazioni in campo socioculturale.
Molti dei problemi sociali e nevrosi che affliggono la nostra società, derivano dalle barriere da essa create, dalla nostra famiglia o dalla nostra cultura e questi ci impediscono di trovare il nostro vero io. Per questi motivi, la mediazione artistica diventa terapia che aiuta le persone a liberarsi da queste catene, per “essere se stessi e non ciò che gli altri vogliono che siamo”.
La mediazione artistica è una professione dei giovani, in particolare dei giovani artisti che hanno anche un impegno sociale, la missione di condividere la propria arte con gli altri.
Infine, la mediazione artistica è una professione con un buon potenziale di servizio ai giovani per il forte potenziale di lavoro orizzontale tra pari, per l’adattabilità a contesti e soggetti diversi, a gruppi eterogenei.
Passando dal moderno al contemporaneo è stata l’arte stessa ad avvicinarsi all’uomo, si è fatta “partecipativa”, “comunitaria”, “interattiva”. Si è resa disponibile ad essere plasmata su diversi paradigmi e diverse competenze dei suoi formatori, i quali l’hanno, a loro volta, declinata in diverse correnti e approcci.
Ad oggi l’arte contemporanea sembra distante a molte persone, ma basti riflettere su quanto ci dice, ad esempio l’artista Werner Moron. Egli ci informa che all’interno di ognuno di noi esistono dei “principi attivi” che sono esattamente gli stessi ingredienti al centro di qualsiasi forma o sperimentazione artistica.
Cosa significa? Pensiamo al nostro repertorio abituale di rappresentazioni, di azioni. Per esempio, i principi attivi della “danza” possono essere: ritmo, velocità, gravità, gravità, distanza, contatto, proiezione e introiezione, flusso e stop, ecc. Prendere coscienza che già possediamo questi elementi ci aiuta a comporre con loro in modo riflesso, in modo che ciò che facciamo diventi danza.
«La mediazione artistica (…) aggiunge all’arte il progetto di trasformazione di se stessi. L’arte aggiunge alla terapia l’ambizione di rappresentare in maniera enigmatica i grandi temi della condizione umana. La creazione – atto e risultato – può̀ dare vita alla trasformazione profonda del soggetto creatore.»
Come possiamo tradurre tutto questo nel nostro lavoro dunque? Marián López F. Cao ci viene in aiuto affermando che ogni creazione artistica può potenzialmente sollecitare alcune abilità nel gestire le emozioni, le ambiguità̀, nel prendere decisioni, nel lavoro autonomo, così come in situazioni di lavoro di gruppo.